La Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n.12032 del 19 giugno 2020,   in tema di permessi ex legge 104 del dipendente per assistere il parente bisognoso di cure, ha stabilito il principio secondo cui il lavoratore commette abuso o uso improprio del permesso solo in assenza del nesso causale tra assenza dal posto di lavoro ed assistenza al familiare disabile.

In particolare, gli Ermellini, hanno considerato il caso “alla luce della giurisprudenza di legittimità  in tema di sussistenza di uno stretto nesso causale fra fruizione dei permessi ex lege 104 e assistenza atteso che in essa si fa sempre riferimento ad ipotesi, ritenute difformi rispetto a quella di specie, in cui vi è sempre la prova diretta o indiretta dell’assenza di assistenza e/o dello svolgimento da parte dell’utilizzatore dei permessi di attività incompatibili con la prestazione della stessa (Cfr. fra le più recenti, Cass. n. 19850 del 2019, ma, negli stessi termini, Cass. n.4984/2014, Cass. n. 8784/2015; Cass. n. 5574/2016, Cass. n. 5574/2016; Cass. n. 9217/2016, cui si possono aggiungere, fra le altre, Cass. n. 17968/2016).

La Cassazione, sul punto,  ha condiviso la recente sentenza di legittimità, secondo cui solo se “ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’ente assicurativo che genera la responsabilità del dipendente”.

Continuano, infine, i Giudici di Legittimità “nel dar conto della giurisprudenza di legittimità che richiede che i permessi vengano fruiti in coerenza con la loro funzione ed in presenza di un nesso causale con l’attività di assistenza, ha fatto corretta applicazione delle regole di giudizio che presiedono a tale ambito escludendo il difetto di buona fede ed il disvalore sociale connesso all’abusivo esercizio del permesso atteso che, secondo il suo giudizio, l’atteggiamento della ricorrente è stato quello di profittare del permesso per attendere ad attività di proprio esclusivo interesse.

 

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Diritto del lavoro

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