La Corte di Cassazione, prima sezione civile,  con sentenza n. 16804 del 7 agosto 2020 ha stabilito che  una decisione di ripudio emanata all’estero da un’autorità religiosa (nella specie tribunale sciaraitico, in Palestina), seppure equiparabile, secondo la legge straniera, ad una sentenza del giudice statale, non può essere riconosciuta all’interno dell’ordinamento giuridico statuale italiano a causa della violazione dei principi giuridici applicabili nel foro, sotto il duplice profilo dell’ordine pubblico sostanziale (violazione del principio di non discriminazione tra uomo e donna; discriminazione di genere) e dell’ordine pubblico processuale (mancanza di parità difensiva e mancanza di un procedimento effettivo svolto nel contraddittorio reale).

A parere dei Giudici di legittimità, “occorre richiamare gli artt. 2,3 e 29 Cost., l’art. 14 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (“Divieto di discriminazione: il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”), l’art. 5, settimo protocollo addizionale della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (“Uguaglianza degli sposi. I coniugi godono dell’uguaglianza di diritti e di responsabilità di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e in caso di suo scioglimento. Il presente articolo non impedisce agli Stati di adottare le misure necessarie nell’interesse dei figli”), l’art. 16 della Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, ratificata dall’Italia nel 1985 (ove si prevede che prevede che gli Stati devono prendere tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione contro le donne in tutte le questioni relative al matrimonio e ai rapporti familiari e in particolare devono garantire, su una base di uguaglianza tra uomini e donna: lo stesso diritto di contrarre matrimonio; lo stesso diritto di scegliere liberamente il coniuge e di contrarre matrimonio soltanto con libero e pieno consenso; gli stessi diritti e le stesse responsabilità nell’ambito del matrimonio e all’atto del suo scioglimento); sotto il profilo processuale, l’art. 111 Cost. e l’art. 6 della CEDU, che prescrive l’esigenza di un processo equo ed in condizioni di parità sostanziale e processuale tra le parti.”

In particolare, nel caso in esame “la moglie ha ricevuto la notifica del provvedimento di registrazione del ripudio del marito revocabile (nel termine di legge), non avendo potuto prendervi parte, e non risulta neppure avere ricevuto notifica dell’avvio della seconda fase del procedimento, volto all’accertamento dell’irrevocabilità del ripudio, che si è svolto in assenza della stessa. Tale procedimento è incompatibile quindi con il diritto di difesa e con la garanzia di effettività del contraddittorio. Risulta poi del tutto carente un accertamento da parte del Tribunale shariatico o sciaraitico dell’effettiva cessazione del rapporto affettivo e di convivenza dei coniugi ovvero della possibilità di una sua composizione o continuazione. Non risulta quindi rispettato il principio posto a base dell’ordine pubblico processuale in ordine al presupposto dello scioglimento del vincolo matrimoniale.”

Ed infine “..con riguardo al profilo dell’ordine pubblico sostanziale, l’istituto del ripudio secondo la legge giordana applicabile in (OMISSIS), risulta discriminatorio per la donna, essendo solo il marito abilitato a liberarsi del vincolo matrimoniale con la formula del talaq, senza sostanzialmente addurre una motivazione, ed essendo quindi ricollegato l’effetto risolutivo del matrimonio ad una decisione unilaterale e potestativa del solo marito.”

Pertanto, concludono i Giudici, “Una decisione di ripudio emanata all’estero da una autorità religiosa (nella specie tribunale sciaraitico, in (OMISSIS)), seppure equiparabile, secondo la legge straniera, ad una sentenza del giudice statale, non può essere riconosciuta all’interno dell’ordinamento giuridico statuale italiano a causa della violazione dei principi giuridici applicabili nel foro, sotto il duplice profilo dell’ordine pubblico sostanziale (violazione del principio di non discriminazione tra uomo e donna; discriminazione di genere) e dell’ordine pubblico processuale (mancanza di parità difensiva e mancanza di un procedimento effettivo svolto nel contraddittorio reale)”.

 

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